Una tendenza positiva che è continuata anche nei mesi successivi, e che gli operatori pensano si possa rafforzare con la chiusura dell'Expo e in vista del Giubileo che si aprirà l'8 dicembre. I dati di Europasia parlano di 375-380 milioni di presenze (giorni-turista), un giro d'affari, compreso l'indotto, di 166 miliardi di euro (il 10,6% del pil) e un'incidenza sull'occupazione dell'11,4%.
"La ripresa del turismo italiano - spiega il presidente dell'osservatorio Achille Colombo Clerici - si inserisce in un boom mondiale senza precedenti con 1.138 milioni di persone in giro per piacere, per cultura o per affari. A fronte di un più 3% medio dell'Unione europea, che già non brilla a causa della concorrenza di mete esotiche in continenti oggi più facilmente raggiungibili, per l'Italia si prevede un incremento dell'1,8%: manteniamo, è vero, il quinto posto al mondo per presenze e il sesto per spese dei turisti, ma siamo insidiati, per citare, addirittura dalla Thailandia".
L'Italia continua ad essere terra visita molto per i beni culturali, ma sempre per la bellezza della propria natura. Oramai le nostre spiagge piacciono meno di Spagna, Grecia e Turchia, per restare in Europa. Dunque il rapporto mette in luce il tesoro delle nostre città d'arte, visto che un terzo di chi viene nel nostro Paese lo fa per il suo patrimonio artistico e culturale. Tanto che la parte più consistente la coprono gli stranieri, con il 62% delle presenze.
E poi c'è l'enogastronomia di qualità. Questo spiega anche il successo degli agriturismi. Negli ultimi anni il turismo enogastronomico, che permette di valorizzare in modo sostenibile i percorsi di strade secondarie sta conoscendo una tendenza positiva, come è testimoniato dalla crescita costante su base annua di circa il 12%.
Secondo il presidente di Europasia Colombo Clerici però dobbiamo ancora affinare la nostra offerta perché "la struttura alberghiera che è soddisfacente per il settore medio-alto è carente per il turista medio che chiede sistemazioni confortevoli e prezzi modici; sono assenti i grandi tour operators, inadeguata la strategia dei trasporti aerei praticata dalle compagnie. Ma soprattutto l'Italia del-fai-da-te, legata al campanile, è priva di un sistema nazionale. Manca una strategia unitaria di comunicazione internazionale. Nel propagandare il turismo, l'Italia non può dividersi in venti, quante sono le Regioni, impegnate più a strapparsi il cliente
l'una con l'altra che non a sottrarlo ad altri Paesi".