
Attualità e Politica (428)
Va al Petro venezuelano il premio Satoshi Nakamoto in Russia
Scritto da RedazioneAgenda 2030 al centro del Villaggio per la Terra
Scritto da Gabriele RenziL’Agenda 2030 e i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile saranno il cuore della prossima edizione del Villaggio per la Terra. In particolare il tema sarà sviscerato il 22 aprile in occasione della Giornata Mondiale della Terra, con un talk show dal titolo “Obiettivo 2030: l’Italia e la sfida per lo sviluppo sostenibile.
Tra i protagonisti principali ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, punto di riferimento nel nostro Paese rispetto all’Agenda 2030, che con l’occasione lancerà inoltre un progetto realizzato in partnership con Earth Day Italia.
Ne parla su "A Conti Fatti", rubrica a cura di Economia Cristiana trasmessa da Radio Vaticana Italia, il portavoce ASviS, Enrico Giovannini.
Dazi, ancora guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina
Scritto da RedazioneSono 1300 i prodotti esportati dalla Cina sui quali gli Stati Uniti prevedono nuovi dazi. Gli Usa rispondono così al presunto furto cinese di segreti industriali, con violazione della proprietà intellettuale di software, brevetti e tecnologia americani. I nuovi dazi a carico della Cina dovrebbero permettere agli Stati Uniti un guadagno di circa 50 miliardi di dollari. Nell'elenco sono compresi: prodotti chimici industriali, medicinali, e metalli. Ma Pechino non sta a guardare e replica: nuovi dazi su 128 prodotti Usa, per 3 miliardi di dollari, in reazione ai dazi su acciaio e alluminio. Lo riporta l’agenzia di stampa Xinhua segnalando la dura condanna da parte del ministero del Commercio cinese sulle misure annunciate da Washington. Le tariffe Usa, soprattutto su prodotti dell’aerospazio, elettronica e industria meccanica, non sono ancora state finaizzate ed è stata programmata un’audizione pubblica il 15 maggio prossimo. Nella prima ondata di tariffe statunitensi, quella sull’import di acciaio (25%) e di alluminio (10%), è stata esentata, in extremis l’Unione Europea, oltre ad Argentina, Australia, Brasile e Corea del Sud. Canada e Messico erano già fuori. Le pressioni degli europei hanno raggiunto un primo obiettivo. Cecilia Malmstrom, commissaria al Commercio Ue, ha discusso a lungo con Robert Lighthizer, il rappresentante per il «trade» della Casa Bianca.
Decreto Foreste. Mamone Capria (LIPU): il bosco non è solo buon pellet per caldaie.
Scritto da Giuliano GiulianiniNegli ultimi decenni il patrimonio forestale italiano è aumentato notevolmente: secondo alcune stime del 20%. Questa, che dal punto di vista naturalistico è certamente una buona notizia, è una conseguenza dell’abbandono progressivo delle campagne, dei pascoli e dei piccoli comuni. Il bosco infatti avanza di nuovo lungo pendii e pianure che prima erano presidiati dall’agricoltura e dalla pastorizia, soprattutto nelle aree montane. Il Governo ha varato recentemente un “Testo unico sulle foreste e sulle filiere forestali” che si propone di contrastare lo spopolamento di queste zone favorendo quella che viene definita “economia verde” e “gestione attiva delle foreste”, ovvero una nuova regolamentazione per i tagli dei boschi il cui legname, ad esempio, vada ad alimentare centrali a biomasse. Tutto ciò ha ovviamente allarmato diverse associazioni ambientaliste. Ne abbiamo parlato con Fulvio Mamone Capria, presidente della LIPU - Lega Italiana Protezione Uccelli, nel programma “A conti fatti”, rubrica radiofonica di EconomiaCristiana.it, trasmesso da Radio Vaticana Italia.
Negli Stati Uniti studenti e genitori marciano contro le armi
Scritto da RedazioneTra la commozione dell'ex presidente Barak Obama e le parole di sostegno del divo di Hollywood, George Cloney mezzo milione di persone tra ragazzi e meno giovani hanno sfilato per le strade di Whashington, negli Stati Uniti, per dire no alle armi. La March for Our Lives voluta espressamente dai giovani sopravvissuti all’ultima terribile strage in una scuola, quella di Parkland, in Florida (17 le vittime di un ex studente disadattato e con turbe) è divenuta un evento nazionale. Studenti, insegnanti, genitori e sopravvissuti sono scesi nelle strade di Washington per la manifestazione-clou, dinanzi alla Casa Bianca e che potrebbe da sola richiamare mezzo milione di persone nella capitale. L’evento è stato preparato per settimane da quanti ritengono che il presidente Donald Trump e il Congresso non abbiano fatto abbastanza per limitare il proliferare delle armi e fermare le stragi; e hanno deciso di scendere in piazza contro la potente National Rifle Association, la lobby delle armi. Una serie di eventi sono attesi in tutto il Paese. L’iniziativa americana ha raccolto il sostegno di molte celebrità di Hollywood. In prima fila Oprah Winfrey, Justin Bieber, Steven Spielberg e la coppia George e Amal Clooney che hanno anche robustamente finanziato l’organizzazione. Sono state oltre 800 le marce collegate che si sono tenute negli Stati Uniti: da Washington a New York (appuntamento a Central Park), da San Francisco a Los Angeles, passando per Seattle.
Molestie. Due donne vigileranno sulla correttezza dei comportamenti nell’Oxfam
Scritto da RedazioneL’ex sottosegretario generale della Nazioni Unite, Zainab Bangura, e l’ex vice presidente della Banca mondiale, Katherine Sierra, saranno alla guida della commissione indipendente istituita per la prevenzione di abusi all’interno di Oxfam e il miglioramento delle pratiche adottate in passato dall’organizzazione umanitaria. Lo rende noto la stessa Oxfam in un comunicato citato dall’Osservatore Romano. La misura è stata assunta – spiega la nota – in risposta ai casi di cattiva condotta sessuale da parte di alcuni esponenti dello staff di Oxfam Gran Bretagna ad Haiti e in Ciad e alle preoccupazioni emerse sulle modalità di gestione intraprese dai vertici di Oxfam all’epoca dei fatti.
La commissione avrà l’incarico di approfondire tutti gli aspetti della cultura, delle politiche e delle pratiche di Oxfam relative alla tutela del personale, dei propri volontari e dei beneficiari in tutto il mondo. Per questo motivo sarà co-presieduta e composta da alcuni dei più autorevoli esponenti per la difesa dei diritti delle donne a livello mondiale. La Commissione indipendente presenterà un rapporto finale con chiare indicazioni su cosa Oxfam — e più in generale il settore umanitario — possono fare per generare una cultura di tolleranza zero nei confronti di ogni genere di molestia e abuso. I risultati della Commissione saranno resi pubblici.
Putin vince le elezioni in Russia con oltre il 76% dei consensi
Scritto da Redazione
La Bolivia sogna il mare con la bandiera più lunga del mondo
Scritto da RedazioneCroce Rossa: in Yemen l’80% della popolazione allo stremo e impossibilitata a fuggire. Mancano acqua e cibo, e sono tornate colera e difterite.
Scritto da Giuliano GiulianiniSiamo abituati a pensare alla penisola arabica come sede dei potentati del petrolio, dei ricchi emirati oggi anche meta di un turismo del lusso che si muove in massa verso città all’avanguardia come Dubai e Abu Dabi. Ma all’estremo sud della penisola, a cavallo tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, c’è un paese dilaniato da tre anni di guerra civile: lo Yemen, diviso dall’eterno conflitto tra le due correnti dell’islamismo: con il governo sunnita, appoggiato dai potenti vicini dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, e i ribelli sciiti, spalleggiati dall’Iran. Le vittime di questa guerra sono gli yemeniti. All’80% di loro manca tutto: il carburante, le cure mediche, ma soprattutto il cibo e l’acqua. La situazione è talmente critica che la Croce Rossa, impegnata con i suoi volontari nel paese, ha diramato un allarme internazionale per un’epidemia di colera che imperversa da mesi.
Ne abbiamo parlato con Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale delle Società della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, intervistato nel programma “A conti fatti”, rubrica radiofonica di EconomiaCristiana.it trasmessa da Radio Vaticana Italia.
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La migrazione delle donne eritree: un’odissea tragica che può durare decenni.
Scritto da Giuliano GiulianiniUno dei confini più caldi del mondo è quello tra Etiopia ed Eritrea, teatro di una guerriglia continua tra i due eserciti, attraversato da migliaia di uomini e donne in fuga dal conflitto e dalla fame. In questi giorni, a Roma, è esposto “Muta il cielo”, il lavoro di una fotoreporter che ha seguito in particolare il viaggio delle donne eritree: dai villaggi devastati dalla guerra, attraverso le tappe africane, fino ai centri di accoglienza in Europa. Le foto esposte nella galleria WSP Photography di Roma fino al 7 marzo, raccontano l’odissea quasi sconosciuta di queste donne: adolescenti, madri o figlie, accomunate da esperienze di violenza, sopruso e abbandono che possono durare anche per decenni.
“A conti fatti”, la rubrica radiofonica di EconomiaCristiana.it, trasmessa da Radio Vaticana Italia, ha incontrato l’autrice del reportage, Cinzia Canneri.
Può fare un inquadramento sociale e storico dell'Eritrea? Da che cosa ha origine il conflitto, e qual è la situazione attuale?
L'eritrea vive una situazione di dittatura: una delle più terribili dittature che vi sono al mondo. Le persone sono soggette a persecuzioni e a un servizio militare illimitato che coinvolge sia uomini sia donne. È un paese stremato dalle guerre: la prima guerra di indipendenza dall’Etiopia, dal 1961 al 1991; e la seconda guerra, dal ‘98 al 2000, che è considerata una delle più atroci, perché in soli due anni si stima siano morte 19 mila persone. Una stima, questa, che riguarda soltanto l'esercito, e soltanto il confine del villaggio Badme, tra l'Etiopia e l'Eritrea. Questa guerra è finita con l'Accordo di Algeri (dicembre 20002, in seguito a una mediazione dell’ONU, ndr.) che ha determinato il confine assegnando il villaggio all'Eritrea. Ma l'Etiopia non ha mai accettato questo verdetto. In Eritrea c’è quindi una situazione di guerriglia ai confini con l’Etiopia e una dittatura dal 19993: sempre lo stesso capo di governo, Isaias Afewerki. Non vi sono elezioni; nonostante la liberazione e l'indipendenza dall’Etiopia non si è mai attuata la costituzione; e le persone sono soggette a dittatura, persecuzione e, appunto, al servizio militare illimitato che coinvolge uomini e donne.
Com’è nato il progetto del reportage, oggetto della mostra? Com’è venuta a conoscenza di queste storie?
L’idea è nata dal voler analizzare la migrazione di genere che riporta delle sue specificità. Qual è la migrazione delle donne? Quali problematiche e quale caratterizzazione ha? Dall'altra parte, ero interessata al coinvolgimento dell'Italia nella storia di questo paese (l'Eritrea è stata una colonia italiana per più di cinquant’anni) e al perché di questo paese si parla e si conosce poco.
Chi sono le donne ritratte nelle foto, i soggetti di questa migrazione di genere? Quali sono i motivi che le spingono a partire dal loro paese?Come ho detto sono coinvolte quanto gli uomini nel servizio militare illimitato. Già a 16 anni viene effettuata la “Sawa”, una specie di scuola e di praticantato dove viene deciso se le persone continueranno negli studi o nel servizio militare. I più vengono scelti per il servizio militare, che vuol dire andare in un paese sperduto da cui, della persona, si può anche non sapere più niente per anni. Lasciano quindi le proprie famiglie in una situazione di vulnerabilità: non sanno come sopravvivere. Vi è quindi una condizione della vita quotidiana insostenibile. Durante il servizio militare, per le donne vi sono poi delle persecuzioni, delle torture sistematiche, anche degli stupri, come hanno riferito alcuni report dell'ONU, che rimangono impuniti. Le donne lasciano l'Eritrea per cercare, ovviamente, una vita migliore, di sostentamento, di sopravvivenza, anche per la propria famiglia.
Che cosa si aspettano dal viaggio, dalla vita in Europa quando partono? Che cosa trovano, invece, al loro arrivo?
L'aspettativa del viaggio ovviamente è per una vita migliore. Quando ho avuto modo di parlare con loro, di evidenziare gli aspetti negativi, come la condizione di non inserimento, che possono trovare in occidente, ho notato che la loro spinta è comunque a provare ad uscire da una situazione. Oltre all'aspetto “ideale” di un destino migliore, ciò che le spinge è una forza di sopravvivenza. Questo è un aspetto nuovo che dobbiamo considerare. Quando evidenziamo gli aspetti negativi che possono poi trovare in occidente, il non avere una vita migliore, dobbiamo considerare che loro devono uscire da una situazione di estremo pericolo. È proprio la spinta alla sopravvivenza che le porta a fuggire.
La mostra parla anche del viaggio, che non è breve: spesso dura mesi o anni, ed è pieno di episodi violenti. Possiamo dare un'idea di ciò che succede a queste donne durante il viaggio?
Il viaggio che mi interessa analizzare è quello di migrazione, ma durante il viaggio si determinano degli insediamenti molto lunghi nelle città africane. La dimensione temporale che noi abbiamo del viaggio è stereotipata: si pensa quasi che partano e poco dopo arrivino. In realtà un viaggio può durare anche vent’anni e può determinare anche dei blocchi. Cioè, molte donne si possono trovare bloccate in alcune città dell'Africa. Di solito la traiettoria di migrazione verso l'occidente è questa: dall’Eritrea si passa all’Etiopia e al Sudan; poi vi è una biforcazione: Egitto o Libia. Scelgono la via dell'Egitto soprattutto le donne che hanno meno finanziamenti e sostegno economico dai parenti che possono avere in occidente: hanno la speranza di imbarcarsi da Alessandria, facendo una via più lunga e con più pericoli in mare, ma che determina meno pericoli via terra rispetto alla Libia. Una speranza del passato perché ormai da un paio d'anni la via dell'Egitto è bloccata. Oggi succede che anche le donne che sono al Cairo si spostano in Libia, proprio perché dal Cairo è tutto fermo. Il viaggio di migrazione delle donne, è quindi un lungo viaggio che passa per delle città africane, e che lì si può anche bloccare, determinando delle problematiche specifiche da città a città.
Quali sono i pericoli che corrono durante il viaggio?
Ovviamente il primo pericolo è la violenza sessuale, oltre a quello della perdita della vita che riguarda tutti i migranti. Conoscendo la loro storia, parlando con loro, raccogliendo le loro testimonianze, mi sono focalizzata anche su un altro tipo di problematica che vivono: quella dell'abbandono.
Da una parte, la violenza del trafficante è conosciuta da tutti noi. Adesso è abbastanza frequente vedere immagini, avere dei report sulle violenze che avvengono, soprattutto in Libia, durante il passaggio nel deserto. Meno conosciuta è la situazione dell'abbandono. Essendo il loro viaggio così lungo, succede che in città come ad esempio Khartum, in Sudan, possano restare anche dieci anni. Ho raccolto testimonianze di donne rimaste lì dieci anni per racimolare i soldi e proseguire nel loro viaggio. Che cosa succede? Si accoppiano, volontariamente, con persone solitamente della loro etnia, e ricreano un piccolo gruppo di famiglia. Però, fuori dalle regole della propria comunità di appartenenza, e con l'obiettivo del viaggio, è facile che le donne siano poi lasciate dagli uomini e si trovino da sole, con dei figli, a dover proseguire nel loro viaggio; cosa che le rende ancora più vulnerabili ovviamente, e le pone in una situazione di ancora maggior pericolo. La violenza sessuale è addirittura vissuta come qualcosa che si sa: quasi un sacrificio che la donna deve affrontare. Questo lo dimostrano anche le applicazioni sottocutanee che si fanno: contraccettivi a lento rilascio di ormoni che si iniettano prima di partire, dimostrando così di sapere di andare incontro a violenze. La condizione dell'abbandono è meno contemplata, ma a livello psicologico e sociale è ancora più devastante.
Come e dove ha incontrato ha incontrato queste donne? Dove ha scattato le fotografie? Con quali associazioni e realtà è venuta in contatto per realizzare il reportage?
Ho iniziato questo reportage nei centri di accoglienza di Roma: nel Centro Umanitario di via del Frantoio e nel centro della Croce Rossa di via Ramazzini. Quindi ho iniziato a conoscere le donne, a raccogliere le loro testimonianze, all'interno dei centri. Poi mi sono spostata in Africa: sono andata sia al Cairo che ad Addis Abeba in Etiopia, e ho cercato di conoscere la loro vita comunitaria in queste città. Ovviamente in queste tre tappe, in queste tre situazioni diverse, ho trovato anche testimonianze e condizioni diverse della donna. Ad Addis Abeba, che è la prima tappa dall’Eritrea, arrivano le donne rifugiate che chiedono asilo politico; anche lì per racimolare dei soldi e poi proseguire nel loro viaggio che poi passa dal Sudan. Ad Addis Abeba ho conosciuto donne che, appunto, già si preparavano alle pratiche delle iniezioni sottocutanee cui ho accennato. Si può dire che si preparino sia ad affrontare il viaggio con il loro corpo, sia a costruirsi una condizione sociale: a lavorare per racimolare dei soldi per continuare il viaggio. Al Cairo invece ho conosciuto le donne bloccate in questa città; cosa che determina grandissimi problemi perché in maggioranza sono cristiane ortodosse. In Egitto le violenze sessuali sono un problema: nel paese più dell'80% delle donne ha subito una molestia sessuale, verbale o fisica. Per le donne eritree, non musulmane, il problema è ancora maggiore. A Roma sono alla loro tappa di arrivo, in cui richiedono il collocamento, solitamente, in paesi europei. Una caratteristica del mio reportage è che ricerco nomi e cognomi delle persone che fotografo. Le persone che fotografo, sanno di essere parte di un lavoro. Spesso vivo nelle loro case, e mi è possibile perché collaboro con delle associazioni: Habeshia con Zerai Moussie, e Gandhi Charity con Alganesh Fessaha. Questo mi ha permesso di entrare nella vita privata e quotidiana delle persone, e di fare un reportage in cui l’immigrato ha una sua identità e una sua storia personale da raccontare, da cui poi si ricostruisce un quadro sociale.
Conflitti dimenticati: quelle guerre tra poveri che non interessano l’Occidente
Scritto da Gabriele RenziUn luogo comune abbastanza diffuso afferma che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sia iniziato un periodo di pace che ancora perdura, a distanza di oltre 70 anni. Se è vero che non ci sono state altre guerre totali, è altrettanto vero che focolai di guerre e conflitti più o meno violenti e devastanti non hanno mai smesso di tormentare l’umanità.
Alcuni sono stati seguiti da vicino, grazie ai mezzi di informazione: come la guerra del Vietnam, i conflitti arabo – israeliani o la guerra civile Jugoslava; altri restano in secondo piano, addirittura sconosciuti all’opinione pubblica. Secondo il sito www.conflittidimenticati.it, curato dalla Caritas Italiana, ben 26 paesi nel mondo sono teatri di conflitti o guerre generalizzate. Il più vicino a noi è il Kosovo, il più lontano l’Indonesia, ma il continente più martoriato è certamente l’Africa.
Delpini scrive ai ragazzi che voteranno per la prima volta: “siate la forza del cambiamento”
Scritto da RedazioneMario Delpini, arcivescovo di Milano, ha scritto una lettera ai ragazzi che da poco hanno raggiunto la maggiore età e che per la prima volta, il prossimo 4 marzo, saranno chiamati al voto. “Mi immagino che molti ragazzi e ragazze nate nel 2000 si preparino alla festa del loro 18.mo compleanno durante questo 2018. I nati del 1999 hanno appena finito i loro festeggiamenti.
Auguro che per tutti sia una festa: la festa di essere vivi, la festa di essere giovani, la festa della responsabilità”.
Monsignor Delpini ha poi messo l’accento su tre aspetti della “maggiore età”. Anzitutto la partecipazione: “A 18 anni si sperimenta una specie di contraddizione tra il fatto di “avere tutti i diritti e doveri” di un adulto e l’impressione di “non poter fare niente”. Un diciottenne nel nostro paese è considerato “troppo giovane” e le possibilità effettive di avere un vita propria, una autonomia reale sono molto ridotte: per lo più dipende in tutto dalla sua famiglia.
Per esprimere questa partecipazione attiva e costruttiva mi permetto di ribadire un criterio spirituale. Si tratta della legge delle decime.
La legge delle decime consiglia di considerare quello di cui realmente ciascuno dispone come di “destinazione comune”: cioè il tempo che ho non è solo per me, ma per la condivisione, perciò, tanto per fare un esempio: ogni dieci ore dedicate allo studio, un’ora potrebbe essere dedicata a chi fa fatica a studiare, ogni dieci ore dedicate allo sport, un’ora potrebbe essere dedicata a chi non può fare sport”.
Poi la chiamata al voto: “A 18 anni incomincia il diritto dovere di votare. Scegliere le persone e le forze politiche che devono governare la nazione e esercitare responsabilità amministrative in regione o in città è una espressione di quella responsabilità per il bene comune che rende cittadini a pieno titolo. Nel nostro tempo “la politica” è spesso circondata da una valutazione così negativa e da pregiudizi così radicati che possono scoraggiare da ogni impegno e iniziativa.
Ma ora è necessario che le cose cambino, perché la politica è l’esercizio della responsabilità per il bene comune e per il futuro del paese. E chi può avviare un cambiamento se non uomini e donne che si fanno avanti e hanno dentro la voglia di mettere mano all’impresa di aggiustare il mondo?
Per questo rivolgo un appello ai 18enni e a tutti i giovani: io credo che voi potete informarvi, voi potete pensare, potete discutere, potete farvi una idea di quale direzione intraprendere e di come fare del vostro voto, il vostro primo voto!, un segnale di un’epoca nuova. Non cambierà tutto in una tornata elettorale. Ma certo con l’astensionismo non si cambia niente!
Voi potete pretendere che vi siano chiariti i programmi, le intenzioni di coloro che si presentano candidati, le procedure di verifica di cui i cittadini dispongono, voi potete mettervi insieme per far valere le priorità che vi stanno a cuore e riconoscere le persone e le forze politiche che se ne fanno carico”.
Infine il futuro personale: “L’avvicinarsi della conclusione di un ciclo scolastico pone la questione sul dopo: che cosa farò dopo? In questo cammino nessuno deve sentirsi solo, né pensare che si è tanto più liberi quanto più si è soli: perciò il gruppo degli amici, l’inserimento in un contesto comunitario, la testimonianza degli adulti, il riferimento personale a una guida saggia sono l’accompagnamento necessario per guardare il futuro con fiducia per imparare ad avere stima di sé e scrivere con fantasia e realismo, libertà e responsabilità la propria vita adulta, la preparazione alle scelte definitive”.
Firmato l’accordo per le Forze armate, di sicurezza e di polizia. Madia: aumenti da 125 euro al mese
Scritto da RedazioneQuesto 2018 porterà aumenti negli stipendi per militari e i poliziotti. Dopo nove anni di blocco dei contratti, infatti, la scorsa settimana è stato sottoscritto al Ministero della Funzione pubblica l’accordo negoziale riguardante le Forze armate, di sicurezza e di polizia. L’accordo è stato siglato alla presenza dei ministri competenti: Marco Minniti per gli Interni, Marianna Madia per la Funzione pubblica, Roberta Pinotti per la Difesa, Andrea Orlando per la Giustizia; il sottosegretario Baretta per l’Economia e il sottosegretario Rughetti che ha la delega dal Governo alla Trattativa.
Dopo quasi 10 anni di blocco contrattuale, lo scorso dicembre era stato firmato, con le organizzazioni sindacali, il primo nuovo contratto dei dipendenti delle PA per quasi 250mila lavoratori.
Gli aumenti del nuovo contratto per i 450 mila dipendenti della pubblica amministrazione dei reparti sicurezza e difesa “sono a regime, non una tantum: si va da 125 euro circa al mese per le forze armate, 136 per la Guardia di Finanza, 134 per i carabinieri, 132 per la polizia di Stato e 126 per la polizia penitenziaria”.
“A questi ovviamente si aggiungeranno gli arretrati, che sono annuali, e pari a circa 556 euro per le forza polizia e circa 516 per le forze armate”, ha detto la ministra della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, in conferenza stampa a Palazzo Chigi. “Erano 9 anni che non si faceva un contratto nel comparto sicurezza e difesa, e credo sia un risultato molto importante”, ha concluso Madia.