Tutto il creato insegna, invece, l'importanza di ricondurre ogni cosa alla circolarità della vita. In natura ogni cosa viene riutilizzata, ma non come scarto, bensì come materia prima di un nuovo ciclo che genera vita a sua volta. Non c'è foglia caduta, non c'è avanzo di cibo, non c'è raggio di sole che non trovi nel nostro ecosistema una centralità vitale per la sopravvivenza di qualcuno.
Tutto quindi concorre alla vita, in un ciclo che è mirabile, che genera e si rigenera.
La produzione delle nostre aziende, così come quella delle nostre città, è invece ispirata da una economia lineare, che arriva cioè a uno scarto, che poi rimane inutilizzato, che spesso è anche nocivo e del quale, quindi, speriamo sempre di poterci dimenticare. E' da questa cultura dello scarto che nasce il disinteresse per tutto ciò che non produce, non importa se è un uomo, un oggetto o un rifiuto, è uno scarto che non produce e del quale ci vogliamo scordare.
Papa Francesco denuncia con forza il ritardo, per esempio, con cui si arrivano ad affrontare perfino gli effetti più nocivi di questa cultura: con ritardo interveniamo sui rifiuti tossici che hanno danneggiato interi territori magari attraverso delle generazioni. Con interveniamo sugli emarginati che preferiamo non guardare dal momento che "non producono".
E' necessario riciclare, non tanto perché va di moda o per evitare dei problemi, dobbiamo riciclare perché la cultura della circolarità premia ogni forma di vita e restituisce il giusto valore a tutte le cose.